Visita Pastorale Decanato di Affori
13 - 23 Gennaio 2022

Il cammino del Consiglio Pastorale Parrocchiale dal 2015 è stato segnato dall'esortazione Apostolica "EVANGELII GAUDIUM" e in particolare dal n° 27:
Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, «ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale».
Il cammino è continuato dal 2019 con la scelta di concentrasi su tre aree : ANNUNCIO, POVERTA', ADULTI. Ecco l'esito che presentiamo al Vescovo Mario
Il nostro gruppo è stato chiamato ad interrogarsi sul tema dell’annuncio, declinato in diversi ambiti: momenti di preghiera comunitaria, celebrazione eucaristica, Iniziazione Cristiana.
Abbiamo provato a guardare al nostro vissuto, caratterizzato anche da un tessuto sociale di un quartiere cittadino di periferia.
Fin da subito il tema dell’IC è risultato un’urgenza ed è stato messo in primo piano.
Negli ultimi anni la comunità ha sofferto di una progressiva mancanza di adulti che si sono resi disponibili ad accompagnare i più piccoli nella preparazione ai sacramenti e anche la domanda ci è sembrata cambiata: per molte famiglia finalizzata al sacramento ma all’interno di una certa sterilità di percorso di fede famigliare. La richiesta dei sacramenti sembra rispondere più a una consuetudine che a un reale desiderio di incontro di Gesù.
Il nostro gruppo ha lavorato incontrando famiglie e catechiste e provando a domandare loro gli aspetti più critici e le risorse dei cammini vissuti. Dagli incontri e dalle riflessioni nel gruppo sono emerse varie proposte di rinnovato coinvolgimento della comunità adulta, senza però avere ricevuto una adesione significativa.
Come comunità sentiamo forte il desiderio di continuare ad evangelizzare anche in questo tempo così complesso.
Tuttavia la difficoltà che abbiamo incontrato nella disponibilità delle persone a potersi dedicare a questo impegno, spesso giustificata da una sensazione di inadeguatezza all’annuncio, ci ha fatto riflettere e ha creato in noi alcune domande che vorremmo porle.
Come leggere questa fatica in una comunità che peraltro è molto generosa e aperta in altri ambiti?
Quali sono gli aspetti imprescindibili per evangelizzare in questo tempo e quali fatiche riscontra più spesso nella sua esperienza?
Per quanto riguarda gli altri ambiti, i cammini per gli adulti stanno riprendendo con modalità che vengono ridiscusse ogni anno all’interno del consiglio pastorale per cercare di essere il più aderenti possibili alle esigenze della comunità.
Un ultimo punto aspetto che ci affatica e sul quale ci stiamo interrogando è la scarsa partecipazione dei più giovani alla celebrazione eucaristica della domenica, nonostante una presenza vivace degli stessi nei cammini proposti all’interno della pastorale giovanile.
I giovani hanno la percezione che l’eucaristia sia un rito distante dalla loro vita, non sempre accessibile, e non è ritenuto uno spazio di senso per la loro vita.
Quale spunto ci può dare? Come riaccendere il desiderio nei più giovani?
Il percorso fatto
Abbiamo accolto con gioia l’invito a dare il nostro contributo nel gruppo CPP sulle povertà presenti nel nostro quartiere, che nessuno ha ancora incontrato.
Ci siamo aperti per accogliere i suggerimenti anche dal gr Caritas che abbiamo invitato a partecipare al gruppo di lavoro.
La prima necessità individuata è stata la lettura dei servizi passati e presenti sul territorio di Bruzzano.
Ci siamo resi conto che, pur disponendo di varie realtà di servizi sia a livello parrocchiale che civile, purtroppo le loro attività presentate in varie forme a volte non “passano” nella comunità e non raggiungono le persone.
Si è quindi deciso di cercare di aprirci all’ascolto creando un questionario che invitasse a descrivere in modo anonimo situazioni di povertà non ancora incontrate.
Proposta linee di ascolto:
Il questionario è stato formulato con le seguenti domande:
- Durante lo svolgimento della tua opera di Servizio o anche come semplice cittadino, sei venuto a conoscenza di qualche situazione di fragilità alla quale non sei riuscito a dare risposte? Se sì, esponila brevemente
- Nello scenario generato dalla pandemia di Covid-19, ritieni che si siano aperte nuove frontiere di povertà? Se sì, riassumile, sempre con la doverosa attenzione e senza indicare nomi
- Quali forme di povertà (non solo economiche ma anche di valori, di degrado per il bene comune, di ingiustizie generate dalla burocrazia o altro, che riguardano anziani soli, perdita del lavoro, disagio giovanile ecc,) ritieni siano particolarmente presenti nel nostro quartiere? Descrivile sinteticamente.
É stato inviato a diverse realtà, parrocchiali, scolastiche e di volontariato, oltre che reso disponibile in forma cartacea e digitale attraverso il sito e l’App della Parrocchia.
Attraverso le circa 50 risposte raccolte sono emerse le principali povertà indicate di seguito:
- Aspetti economici, derivanti dalla perdita di lavoro.
- Disagio giovanile, prodotto dalla DAD (Didattica a Distanza) e dall’abuso dei social che hanno contribuito ad isolare i ragazzi nelle proprie case. Questa situazione ha accentuato la differenza tra classi sociali (es. disponibilità e conoscenza di strumenti tecnologici).
- Solitudine, in modo particolare degli anziani e degli ammalati.
- Disagio famigliare, provocato dalla forzata convivenza all’interno delle mura domestiche h24. Questa situazione ha evidenziato sofferenze, angosce, sino alla violenza.
- Paure, nei bambini per un possibile contagio dei loro genitori e negli adulti per lo stesso motivo, e per il distacco forzato imposto dal Covid-19. Inoltre per non essere più in grado di far fronte ad impegni economici precedentemente assunti.
Tutte queste situazione di fragilità sono state aggravate dalla pandemia e non hanno escluso nessuno (italiani e stranieri).
La Via crucis “La croce ogni giorno”
Il questionario ci ha suggerito di dar voce alle povertà sulle quali abbiamo pregato accostandoci al Vangelo di Luca nel cammino della Passione del Signore. Per ogni povertà emersa, abbiamo collegato un brano del Vangelo, ed assegnato ad un gruppo il compito di attualizzarlo.
I sette momenti preparati dalla comunità sono:
- “Sto in mezzo a voi come colui che serve” – Chi sono per fare questo servizio?
- “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice” – Se riesci, aiutami a superare questo periodo. Sono ‘giovane’ sono piccolo e ho paura... e sono smarrito…
- “Tu lo dici” – Il silenzio… a volte mi inquieta quando c’è nelle situazioni in cui non me lo aspetto
- “Gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù” – Gli anziani e la solitudine... la malattia e la sofferenza
- “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” – Mi si è chiuso il cuore, mi mancavano gli amici
- “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” – … Era faticoso perché il pensiero era sempre là, il distacco
- “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le scritture?” – … segni di speranza
La Via crucis è stata pregata in chiesa e trasmessa in streaming sul canale della parrocchia.
Cosa ci suggerisce il lavoro fatto
Un suggerimento colto pensiamo possa essere l’ascolto attento di chi incontriamo tutti i giorni nei diversi ambiti. In particolar modo l’attenzione verso gli anziani soli, raggiungendoli con una telefonata e facendo sentir loro la vicinanza della comunità. Questa abitudine, iniziata durante il contesto di isolamento imposto dalla pandemia, è continuata anche successivamente per tutte quelle persone difficilmente raggiungibili in altro modo.
Ci siamo domandati come mantenere viva questa modalità di ascolto verso i più poveri, i più soli, gli anziani e gli stranieri. Quali passi ci consiglia di percorrere?
Riteniamo importante mantenere percorsi di sensibilizzazione che aiutino questo ascolto attento delle diverse povertà.
Come stimolare tutta la comunità a vigilare su quest’aspetto?
Introduzione
Il lavoro di questo gruppo si è concentrato su due tematiche, tra quelle indicate: la costruzione della vita fraterna e la collaborazione tra laici e consacrati.
In riferimento alla prima tematica abbiamo individuato alcune attenzioni generali per tutte le proposte pastorali e alcune azioni concrete che potrebbero essere realizzate. Rispetto alle azioni, alcuni eventi recenti hanno anticipato le nostre proposte e potrebbero essere punto di partenza per una proposta più sistematica.
Per quanto riguarda il tema della collaborazione, la discussione è stata più complicata poiché tocca aspetti individuali, organizzativi e istituzionali. Siamo quindi giunti a presentare al CPP delle strade da approfondire piuttosto che proposte concrete.
1. La vita fraterna
Il primo tema messo a fuoco è stato la vita fraterna, nello specifico le modalità con cui costruire fraternità. Abbiamo dato precedenza a questo tema poiché rispetto all’altro, la collaborazione tra consacrati e laici, ci sembrava che nella nostra parrocchia presentasse maggiori criticità.
Abbiamo individuato una delle cause della fragilità della vita fraterna nel contesto culturale in cui viviamo, segnato da un forte individualismo. Questa realtà richiede un’attenzione più specifica alle relazioni e alle loro dinamiche, aspetto che, fino a qualche decennio fa, poteva essere dato quasi per scontato
poiché il tessuto relazionale di una comunità era più definito. Un altro fattore che abbiamo identificato come problematico è il flusso di persone che arrivano nella nostra parrocchia, con cui i contatti sono completamente da costruire. Spesso sono famiglie giovani, spesso con ritmi lavorativi che non favoriscono la partecipazione alle proposte della parrocchia. Anche nei loro confronti andrebbe tenuta un’attenzione particolare.
Dalla discussione sono emersi due livelli di riflessione: nel primo, più ampio e ideale, abbiamo espresso tre attenzioni che toccano il senso del nostro essere comunità cristiana. Nel secondo, più circoscritto e pratico, abbiamo offerto delle proposte concrete per rendere operative le attenzioni del livello ideale. Le riflessioni di senso sono quindi fondative delle proposte operative e hanno quindi una funzione progettuale e di verifica.
ATTENZIONI DI SENSO
- C’è bisogno di favorire dei momenti di approfondimento e condivisione della propria fede.
Sottolineiamo “approfondimento e condivisione” perché il secondo aspetto è generalmente lasciato sullo sfondo, mentre crediamo che sia importante che le persone imparino a condividere e raccontarsi la loro esperienza di fede. Questo, oltre ad aiutare nel cammino di fede, rafforza le relazioni comunitarie. - Favorire le relazioni.
In generale, ci sentiamo di sostenere che le dinamiche relazionali debbano essere favorite e custodite in tutte le proposte e nella globalità dell’esperienza della parrocchia. Una comunità senza relazioni non è una comunità. E le relazioni non si sviluppano in modo automatico, ma hanno bisogno di cura. - Le relazioni si sviluppano rispondendo a un bisogno concreto, per cui è importante riuscire a condividere i bisogni.
Il fattore che segna il passaggio da una relazione superficiale ad una più intima è la condivisione di un bisogno. Questo, semplificando, abbassa le difese e le maschere delle persone permettendo un incontro più autentico. Desideriamo che nella nostra comunità le persone si sentano libere di manifestare i loro bisogni, perché sentono di avere accanto fratelli nella fede che non li lasceranno cadere nel vuoto.
Perché possa avvenire un incontro, e quindi crearsi una relazione, una comunità deve essere visibile e incontrabile. La comunità visibile dovrebbe essere la comunità eucaristica, ma il rischio è che una persona venga e vada via senza mai incontrare veramente nessuno. Servono occasioni più specifiche in cui ci si possa incontrare e si possano creare delle relazioni, se non fossero già presenti.
Sarebbe importante iniziare favorendo l’approfondimento delle relazioni tra coloro che già frequentano la parrocchia, ma si conoscono ancora ad un livello molto superficiale. Per usare una metafora emersa durante un incontro: “ci sono le case, mancano le strade”.
Per costruire queste strade abbiamo individuato due aspetti, paralleli e complementari, su cui lavorare: 1) i momenti comunitari organizzati; 2) le iniziative personali (o di famiglia). Crediamo che, proprio per le riflessioni espresse precedentemente, le relazioni abbiano bisogno di tempi e spazi dedicati, che non possono risolversi nei momenti aggregativi comunitari. È necessario incentivare un’implicazione personale, un coinvolgimento, uno stile, suggerendo delle iniziative personali per costruire relazioni con altre persone che non si conoscono tanto. Senza questa scelta personale di andare incontro all’altro, non c’è proposta comunitaria che sia in grado di costruire relazioni.
PROPOSTE CONCRETE
- Proporre e curare i momenti conviviali inserendoli negli altri momenti formativi e di servizio;
- Un aperitivo condiviso dopo la celebrazione eucaristica (principalmente la domenica mattina);
- Pensare modalità concrete per farsi vicino alle persone sole e anziane, ad esempio portando il pacco viveri a casa, o anche semplicemente andandoli a trovare;
- Provare a conoscere maggiormente le altre famiglie, magari partendo da quelle nuove della parrocchia, magari invitandole a cena o in un altro momento conviviale, possibilmente a casa propria.
2. La collaborazione tra laici e consacrati
La prima questione che sottolineiamo riguarda i termini, spesso usati come sinonimi: collaborazione, corresponsabilità, sinodalità. In estrema sintesi, ci sentiamo di dire che rispetto alla collaborazione (agire insieme) c’è una grande disponibilità da parte dei laici e ci sono diversi ambiti e situazioni in cui viene richiesta da parte di chi esercita la responsabilità (il più delle volte preti e consacrate). Non ci sembra debba essere oggetto di riflessione.
Riguardo alla corresponsabilità (essere/sentirsi responsabili insieme), ci sembra invece di essere più indietro con il cammino, anche se riconosciamo che dei passi in avanti sono stati fatti. La questione ha due aspetti strettamente legati: il sentirsi corresponsabili e l’essere riconosciuti tali.
- Corresponsabilità come sentirsi responsabili: le singole persone si concepiscono non come semplici esecutori ma come responsabili di ciò che succede in parrocchia, anche senza avere una responsabilità formalizzata, ma in quanto battezzati e appartenenti alla comunità cristiana. Questo livello di appartenenza forte si può concretizzare in alcune azioni che non richiedono cambiamenti strutturali ma sono già possibili a tutti:
- Essere propositivi: negli ambiti in cui si è già inseriti, non essere semplici spettatori o esecutori, ma provare a metterci la testa prendendosi del tempo per formulare delle idee, condividerle, confrontarsi.
- Esporsi: non pensare che sia necessariamente compito di qualcun altro, di non essere adeguati o all’altezza, ma provare a compromettersi un po’ di più, a vincere un po’ le paure che ci bloccano.
- Correzione fraterna: di fronte a qualcosa che può sembrare sbagliato o poco chiaro, avere il coraggio di chiedere, ascoltare, rispondere, in vista di un maggior bene e non per accusare o criticare.
- Corresponsabilità come essere riconosciuti responsabili: questo aspetto dipende principalmente da chi ha la responsabilità formale (autorità) e può tenere per sé il potere decisionale oppure può coinvolgere altri, riconoscendo loro uno spazio e un’autorevolezza, pur nella diversità di ruoli (si collega direttamente al prossimo punto, la sinodalità).
I due aspetti sono fortemente intrecciati e si influenzano a vicenda (es: riconoscere a qualcuno un valore coinvolgendolo nelle decisioni molto probabilmente farà aumentare il suo senso di responsabilità e il suo coinvolgimento). Sentiamo, perché il nostro impegno non sia solo attivismo, di aver bisogno di crescere in questa dimensione, che ha una chiara radice spirituale prima che socio-organizzativa.
Riguardo alla sinodalità (camminare insieme, nel senso di discernere insieme), che è una forma specifica della corresponsabilità, ci sembra che si possano raccogliere dei frutti dall’esperienza di questi anni e, allo stesso tempo, evidenziare delle criticità. Ci siamo concentrati sul Consiglio Pastorale, che dovrebbe essere il luogo principale della sinodalità in parrocchia. I punti su cui crediamo si debba lavorare sono:
- Chiarire meglio, anche facendosi aiutare dalle indicazioni diocesane, cosa rientri nelle competenze del CPP e cosa no, e quali siano le sue finalità
(consigliare, decidere, progettare, supervisionare…?). Un nodo centrale della questione è: come avvengono le prese di decisione (chi, dove, come)? - Chiarire le finalità, gli ambiti e il rapporto che hanno con il CPP gli altri luoghi di confronto come, ad esempio, la giunta, la diaconia, il consiglio dell’oratorio.
- Visto il limite oggettivo del tempo, cercare delle modalità di lavoro che permettano di sfruttarlo al meglio. In questo senso il lavoro dei gruppi/commissioni ci sembra una strada buona da riproporre e migliorare.
- Sempre per quanto riguarda il metodo di lavoro, ci sembra importante mettere a fuoco la diversità di funzioni all’interno del consiglio (es: chi presiede, chi consiglia) e come far in modo che ognuno possa esercitare al meglio il proprio ruolo. A tal proposito, i nostri incontri ondeggiano spesso tra l’esposizione dei singoli pareri e la discussione accesa, e avvertiamo la necessità di imparare a vivere un dibattito più costruttivo e di giungere a una sintesi.
- Capire come tenere informato il CPP di cosa accade in parrocchia, senza però fare diventare gli incontri dei puri aggiornamenti informativi. Una ipotesi è quella di allegare alla convocazione una pagina con le informazioni che è importante che i consiglieri abbiano.
Domande
1. Cosa ci impedisce di vivere la celebrazione eucaristica come esperienza di incontro con i fratelli?
2. Come vede il coinvolgimento del Consiglio pastorale all'interno della vita della comunità?
Domanda famiglia sul catechismo
In questi ultimi due anni, nella nostra parrocchia, l’iniziazione cristiana è stata oggetto di una riflessione particolare ad opera del Consiglio Pastorale. La spinta principale alla riflessione è arrivata da una oggettiva difficoltà: l’esiguo numero di catechiste e catechisti e la conseguente impossibilità di offrire la classica catechesi settimanale a piccoli gruppi. Questa difficoltà, però, ha appunto messo in moto una riflessione più ampia che, per accennare alcuni temi, è andata dal senso dell’IC fino alle motivazioni per cui viene chiesto di ricevere un sacramento, passando dalle modalità di coinvolgimento delle famiglie e dalla differenziazione tra percorso catechistico e percorso scolastico.
Nella nostra riflessione ci siamo resi conto che la difficoltà dell’IC non è un problema che riguarda solo Bruzzano, ma questo non ci esime dal cercare anche noi delle strade percorribili. In questa fase abbiamo tanti interrogativi e pochi punti fermi, e vogliamo condividerli con lei:
- Da una parte vediamo una grande difficoltà a coinvolgere le famiglie e abbiamo molte perplessità sulle motivazioni con cui molte di queste chiedono l’iniziazione cristiana per i loro figli. Molte di loro non partecipano alla vita della comunità, neanche per quanto riguarda l’eucarestia domenicale. Ci chiediamo, quindi, quale dovrebbe essere l’atteggiamento nei loro confronti e quale dovrebbe essere il loro coinvolgimento nell’IC dei loro figli.
- Dall’altra parte, ci chiediamo come la comunità cristiana possa e debba impegnarsi nell’annuncio della fede ai più piccoli, che senso dare all’IC, come motivare e curare le persone perché si impegnino in quest’opera che, oggi, rischia di essere vista pesante e poco utile, a fronte anche del massiccio abbandono dopo la cresima.
Domanda ragazzi/educatori
Nel video abbiamo rappresentato il nostro oggi in oratorio. Oggi che è fatto di una storia, quella più lunga e quella più recente segnata dalla pandemia. Da tempo abbiamo intrapreso una riflessione sull’oratorio OGGI, comprendendo come tante cose siano cambiate. Abbiamo scritto un progetto educativo lasciandoci ispirare dalla vicenda dei discepoli di Emmaus, per cogliere squarci di orizzonte che possano permettere di ri-vedere e ri-conoscere segni evangelici, segni di speranza capaci di indicare una o più vie percorribili per continuare a sperimentare o ri-sperimentare l’incontro umano, opportunità privilegiata dentro cui si verifica l’incontro con Gesù. I discepoli di Emmaus hanno ri-conosciuto Gesù e ri-vissuto la gioia nell’incontro con lui dentro quell’esperienza umana chiamata “condivisione”, valore imprescindibile della Comunità.
Siamo due ragazzi che in oratorio frequentano il gruppo adolescenti e 18enni e abbiamo vari impegni legati a scuola, sport, teatro…
Da quest’anno siamo educatori medie, impegno che abbiamo accolto con gioia, ma anche con un po’ di inquietudine per un certo senso di inadeguatezza. Essere educatori ci interpella molto e ci aiuta anche a porci delle domande sulla nostra vita di fede. Secondo lei come possiamo metterci accanto ai ragazzi, accompagnarli nel loro percorso, provando a trasmettere la bellezza del Vangelo e come riconoscere Gesù nella loro vita?
Domanda Sport
L’attività sportiva in oratorio ha una storia lunga e importante, fatta di dedizione e di generosità di tante persone nei confronti dei più piccoli. Negli ultimi anni, come polisportiva e oratorio, abbiamo deciso di investire molto nello sport: abbiamo scritto un progetto educativo per sottolineare la finalità educativa della polisportiva e avviato percorsi di formazione per potenziare le competenze relazionali e le attenzioni alla crescita umana dei ragazzi da parte degli allenatori…a tutto questo si è aggiunto anche un investimento economico per la sistemazione del Palazzetto e di un campo da calcio in erba sintetica.
Tutto questo investimento -formativo ed economico- deriva dall'alta considerazione che abbiamo dello sport come esperienza educativa.
Ultimamente però, a causa dell’emergenza sanitaria, lo sport è stata una delle attività più penalizzate, proprio per l’elevato rischio di contagi a causa del contatto fisico: nel tempo del lockdown o delle zone rosse gli allenamenti sono stati sostituiti da incontri online per mantenere la dimensione del gruppo, pur non per fare attività fisica, se non ognuno per conto proprio.
Finalmente stiamo riprendendo, con tutte le dovute attenzioni sanitarie. Ma, ci rendiamo conto, non possono essere le uniche, né le più importanti.
Secondo lei quali sono quelle attenzioni che ora, in questo tempo complesso, non possono mancare nella proposta di sportiva in oratorio?