La chiesa e le opere

1. Cappella del Crocifisso e di Maria Maddalena

Affrescata nel 1595 con un dipinto di scuola luinesca raffigurante Maria Maddalena ai piedi del crocifisso. L’affresco sulla parete è andato perduto, è visibile invece quello sulla volta.

Sulla volta: Dio Padre - Affresco di scuola luinesca - 1595

Al centro: Crocifisso - XV – XVI secolo (Rinascimento lombardo)

Reliquia di san Claro - Dalla chiesa di S. Maria Nascente al Capo di sotto, demolita nel 1965

Sulle pareti: Maria Maddalena - Marcello Mondazzi - 2023 Tecnica mista su metacrilato

2. Cappella della Madonna

Fino al 1937 costituiva il presbiterio con l’altare maggiore della chiesa.

Al centro: Madonna di Fatima - Statua lignea - Anna Gronda Mojoli - 1943

In alto (sul tiburio): Vetrate - Mario Tevarotto - 1951 - (Annunciazione, Sposalizio, Incontro con Elisabetta)

A sinistra: Adorazione dei magi - Pala della scuola di Gaudenzio Ferrari - XVI secolo - Olio su tela (copia) In deposito dalla Pinacoteca di Brera

Maria Immacolata - G. Mazzola - 1839 - Olio su tavola

A destra: Elezione di S. Giuseppe a sposo della Vergine - Scuola luinesca - XVI secolo - Olio su tela (copia) In deposito dalla Pinacoteca di Brera

Morte di S. Giuseppe - Autore ignoto  Fine XIX secolo - Olio su tela

3. Campanile

35 metri di altezza fino alla punta della croce, sotto cui si trova la “zucca”, simbolo di Bruzzano. Il concerto campanario è composto da 5 campane.

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4. Cappella della Presentazione

In origine chiamata “Cappella della Purificazione” o del “SS. Sacramento”.

Al centro: La Presentazione di Gesù Bambino al tempio affresco di scuola luinesca - 1595

In alto (nella lunetta): L’annunciazione dell’angelo a Maria - affresco di scuola luinesca - 1595

A sinistra: Adorazione dei pastori - Autore ignoto (scuola veneta) - XVI-XVII secolo - Olio su tela

A destra: Adorazione dei magi - Copia di un dipinto di “Bassano” (da Ponte) - XVII secolo - olio su tela

5. Assunta tra santa Maria Egiziaca e san Cristoforo
Attribuito a Ercole Procaccini il Giovane 1651-1654 - Olio su tela In deposito dalla Pinacoteca di Brera
6. Cappella del Sacro Cuore

Al centro: Il S. Cuore che appare a Santa Margherita Maria Alacoque - A. Pagniuzzato - 1942 - Olio su tela

 Antonio da Padova e S. Rita da Cascia - Ernesto Bergagna (scuola del Beato Angelico) 1959 Dittico su legno

7. Sacrestia

Sull’ingresso, in alto: Santa Caterina - Autore ignoto - XX secolo - Statua lignea

All’interno: Natività di Maria Vergine - Andrea Crespi (scuola lombarda del ’600) - Pala d’altare della Chiesa di S. Maria Nascente al Capo di sotto - Olio su tela

8. Presbiterio

Altare policromo e balaustre laterali - sec. XVII

Porta del tabernacolo: “La Cena di Emmaus” - 1666 - Bassorilievo in argento dorato con cartagloria inserita

9. Sacrestia minore
Sull’ingresso, in alto: San Francesco - Autore ignoto - XX secolo - Statua lignea
10. Cristo tra i lavoratori
Andrea Fossombrone - 1957 - Olio su tela - Dalla chiesetta di via Rubicone.
11. Crocifisso
Marcello Mondazzi - 2016 - Tecnica mista su metacrilato

Padre Andrea Dall'Asta presenta

 CROCIFISSO

di Marcello Mondazzi

L'arte contemporanea

Gli interventi di arte contemporanea sono molto difficili da realizzare all’interno di spazi già sedimentati e consolidati come questa chiesa la cui storia ha inizio nel 1200 circa e si sviluppa nel corso del tempo fino ad arrivare al rifacimento che risale agli anni Trenta del XX secolo. Interventi come questi si affidano sempre con una certa difficoltà.

L'artista

Mi ha fatto molto piacere chiamare un artista riconosciuto come Marcello Mondazzi, di origine abruzzese, che ha alle spalle un lungo percorso artistico. Inizia negli anni Ottanta, parte con la figurazione e poi negli anni 2000 si sofferma nella scultura per poi riprendere, come è avvenuto con quest’opera, quella che è ancora una pittura ma non è semplicemente pittura dal momento che è anche una sorta di scultura.

La tecnica

Davanti a quest’opera ci rendiamo subito conto che non si tratta di una superficie bidimensionale, cioè non siamo in presenza di una tela su cui il pittore interviene direttamente. Se ci avviciniamo notiamo che quest’opera è costituita da numerosi strati di metacrilato, una sorta di materiale plastico, su ciascuno dei quali Marcello Mondazzi è intervenuto singolarmente per poi sovrapporli l’uno all’altro in modo tale da produrre un’impressione di tridimensionalità. È come se noi avessimo l’impressione di allontanamento e di avvicinamento. È un lavoro particolarmente complesso perchè si tratta di lavorare su una superficie trasparente, procedendo così: sulla prima superficie dipinge il corpo, sulla seconda lo sfondo, sull’altra alcuni dettagli in modo tale che la composizione finale diventi una sorta di organismo armonico.

L’artista non lavora semplicemente con dei materiali a tempera e a olio ma anche con oli, petroli, con il fuoco in modo tale da dare una consistenza liquida, fumosa all’opera. Così, se noi guardiamo allo sfondo notiamo che è come tutto avvolto in un’atmosfera plumbea. Questo non avviene a caso: probabilmente ci vuole dire qualche cosa.

L'opera

L’opera è figurativa ma non vediamo l’immagine completa. Cosa vuol dire? Perché questo?

Qui Marcello Mondazzi vuole dirci qualcosa sul tema dell’immagine: vuol dirci che l’immagine non illustra, non spiega, ma deve piuttosto alludere, evocare, trasmettere qualcosa al fedele.

Riconosciamo le parti anatomiche del corpo di un uomo e comprendiamo immediatamente che si tratta del corpo di Cristo crocifisso. Tuttavia noi ne vediamo solo una parte: vediamo le anche, il femore, poi la tibia e i piedi. Ci accorgiamo che le ferite sui piedi non ci sono più. Questo è un chiaro riferimento alla tradizione rinascimentale italiana. È un corpo crocifisso in cui non ci sono più le ferite dei chiodi. A partire da questo fatto potremmo supporre che non ci sono più neppure le ferite del costato. Questo indizio vuole suggerire che si tratta di un corpo già risorto, di un corpo che ha già attraversato la morte.

Il palo della croce è semplicemente evocato, non riusciamo a vederlo nella sua interezza, nella sua completa determinazione; è semplicemente suggerito nella parte inferiore con un tono di colore piuttosto brunastro.

Vediamo poi un mondo che vive dietro quel corpo, ci sono una infinità di impronte, di tracce, di piedi, di gambe che si muovono.

Se osserviamo attentamente quest’opera notiamo che è come se fosse caratterizzata da un movimento “discensivo” e al tempo stesso “ascensivo”. Marcello Mondazzi sembra giocare sull’idea della discesa e contemporaneamente sull’idea dell’ascesa:

  • discesa nel senso che vediamo un corpo appeso nel momento in cui questo corpo appeso sembra attraversare/scendere dall’alto verso il basso per entrare nelle viscere della terra (noi sappiamo che dal punto di vista iconografico la croce ha come significato essenziale quello di attraversare le tenebre della morte per ricondurci alla vita);
  • ascesa perché è come se questi piedi, queste gambe, questo femore, questo corpo si stesse per sollevare, sganciare dal legno della croce per assumere una sorta di elevazione, come se stesse per elevarsi.

L’opera sembra vivere profondamente di questa dialettica: discensiva e ascensiva; un corpo inchiodato ma che al tempo stesso sta per riprendere vita, per ritornare alla vita. E noi sappiamo il senso profondo della resurrezione: Dio ha amato talmente quell’uomo che non poteva conoscere la corruzione del sepolcro e l’ha ricondotto alla vita, l’ha risorto. La resurrezione è il segno più profondo dell’amore del Padre nei confronti del Figlio e nei confronti di ciascuno di noi. Sottolineo “CIASCUNO di NOI” perché se noi vediamo questo corpo da un lato sembra sì riprendere la nostra tradizione rinascimentale del corpo già risorto, di un corpo che si sta risvegliando. Dall’altro lato tuttavia non sembra avere quelle caratteristiche della tradizione rinascimentale di un corpo olimpico, eroico, glorioso. È il corpo di un uomo non più giovanissimo che sembra segnato dalle traversie della vita, dal dolore dell’esperienza umana.

Marcello Mondazzi vuol dire che quel corpo è il corpo non solo di Gesù Cristo, che quell’evento non è semplicemente un evento accaduto 2000 anni fa ma che probabilmente quel corpo è il nostro stesso corpo che sta attraversando l’esperienza della storia e che è destinato alla morte e alla risurrezione. La visione di quel corpo diventa come una sorte di immedesimazione in cui in quel corpo noi possiamo proiettare il nostro corpo come se potessimo a nostra volta discendere nell’oscurità delle tenebre per risorgere alla luce del giorno.

Il passaggio dalla morte alla risurrezione è il passaggio che viene richiesto a ciascuno di noi non solo nell’esperienza definitiva della vita ma nell’esperienza della quotidianità: si passa dalla morte alla vita tutte le volte che noi vinciamo il nostro egoismo, la nostra autoreferenzialità, il nostro desiderio di possederci, di difenderci. Noi risorgiamo tutte le volte che la nostra esperienza di vita si fa esperienza di accoglienza, di perdono di misericordia esperienza di amore, di condivisione di solidarietà.

Se guardiamo i piedi che si intravedono sullo sfondo è come se fossero una sorta di mondo che prende vita, come se questo passaggio dalla morte alla risurrezione fosse un passaggio che non concerne solo quell’Uomo che noi stiamo contemplando ma che in qualche modo riguarda un mondo, una moltitudine. All’interno di questa moltitudine si trova ciascuno di noi, ci sono i profughi che avete accolto. All’interno di questa moltitudine c’è l’Uomo con la U maiuscola perché attraverso questo Uomo, c’è qualunque uomo.

Nella Bibbia l’uomo è l’uomo colto nella sua fragilità, è l’uomo colto nel suo bisogno, nel suo dolore. Tutti i personaggi che vivono all’interno di questa atmosfera plumbea sembrano come ricordarci una meta, un cammino che dalla profondità del tempo, che è la stessa profondità del quadro, si avvicinano verso il nostro tempo presente per ricordarci che ciascuno di noi è destinato a questo evento di morte e di risurrezione.

Si tratta di un opera incompleta? No! Quest’opera è nata così, voleva essere così!

Nell’arte contemporanea c’è un principio importante da tenere presente: lo spettatore, nel nostro caso il fedele, in qualche modo è chiamato a completare l’opera, a porsi nella posizione di poter dire: “come potrei immaginare l’altra parte del corpo, con quali caratteristiche?”. Grazie a un esercizio dell’immaginazione noi stessi diventiamo registi del completamento dell’opera all’interno della quale noi siamo invitati a mettere la nostra componente più affettiva, di immaginazione, di desiderio fino al punto di parlare con il Dio della vita.

Ignazio di Loyola è convinto che l’immagine ha una funzione fondamentale, quella di aiutare il fedele a mettersi in relazione con la persona rappresentata.

Questa immagine sarà completa nella sua dimensione espressiva nel momento in cui ciascuno di voi avrà fatto l’esercizio di completare quest’opera fino a scorgervi quel volto col quale iniziare il colloquio: il volto del Dio della vita .

12. Via Crucis (12 pannelli)
Arturo Stucchi - anni ’80 - Altorilievo ligneo
13. Organo
Costruito dalla ditta Balbiani Vegezzi-Bossi nel 1958
14. Formelle porte di ingresso

Porta centrale (esterno): Episodi della vita della Madonna - Don Carlo Morosi 1988 - Bassorilievo in bronzo

Porta laterale sinistra (esterno): Gli Evangelisti - 1994

Porta laterale destra (esterno): Opere di Misericordia - 1994

15. Madonna Assunta
In facciata Anna Gronda Moioli - 1956 - Bassorilievo in marmo di Carrara